Giglio Porto- Costa Concordia, che sta succedendo? Dopo le nostre ultime news sull’argomento, con il resoconto della dinamica accertata della collisione alle Scole da parte della Costa Concordia, avevamo ritenuto concluso il nostro compito, ovvero quello di informare i lettori sulle dinamiche inerenti la navigazione prima e dopo l’urto con la secca delle Scole. E invece no. Occorre ancora provare, analizzando i fatti accertati, a fare un minimo di chiarezza vista la piega che pare stia prendendo questa triste vicenda.
L’Italia, è noto, è uno strano paese. Una terra di misteri, dove i fatti più tragici finiscono con l’essere sepolti in una melassa di si dice, però, forse, se si fosse, però la colpa è anche di altri… e così via. In questo caso, poi, c’è una nave che, secondo quanto dichiarato dal commissario per l’emergenza del Giglio Franco Gabrielli, avrà bisogno di “7-10 mesi di tempo per essere rimossa”. Priorità dichiarata da Gabrielli è ora che ”In questo lasso di tempo dobbiamo fare in modo che il dramma umano non diventi disastro ambientale”. C’è poi un’inchiesta della magistratura e un procedimento in corso, per accertare le responsabilità dello Schettino, quelle eventuali degli ufficiali di bordo e le eventuali implicazioni della Compagnia e di altri attori in gioco.

Chi si aggiudicherà l’appalto per togliere dal Giglio quel relitto? Prima il capitolato, poi l’assegnazione e infine i lavori. Nel frattempo ci auguriamo che le grecalate invernali (ne sono previste, e belle robuste, per il prossimo fine settimana) e qualche sciroccata non disperdano carburanti, oli, detriti vari, sostanze inquinanti e quant’altro è contenuto all’interno della Costa Concordia. Sette-dieci mesi, dicevamo. Al Giglio sono già in allarme per i rischi legati alla stagione turistica, quella vera e non quella legata al turismo “da tragedia” di questi giorni.
A preoccuparci di più, però, è proprio quella melassa di cui parlavamo in apertura. Quella massa informe di informazioni, distinguo, difese di categoria, disinformazioni, voci e controvoci, ingigantite e rese incontrollabili dai media e da Internet che, vorremmo sbagliare, potrebbe finire per far disperdere lo Schettino e gli altri responsabili in una nebbia incolore. Una terra incognita dove non si sa più cosa è vero e cosa è falso, in cui l’oblio del tempo allieverà la responsabilità enormi di questa storia. Ciò, a nostro modo di vedere, non deve e non può succedere.
Abbiamo ascoltato le difese di categoria dei rappresentanti sindacali a cui era iscritto lo Schettino, quelle di altre corporazioni, le voci generaliste che ancora si interrogano su una dinamica che più chiara non potrebbe essere. Ne siamo sconcertati. Voci capaci di gettare fango su una delle figure più serie di questa storia, il comandante Gregorio De Falco, uomo che ha semplicemente fatto il suo dovere, nel modo migliore e seguendo una procedura collaudata (informazioni dettagliate e precise, solo dati positivi… “quante donne, quanti bambini…”). Ufficiale che, dopo aver svolto il suo compito, è sparito dal palcoscenico mediatico come è giusto, collaborando per quanto gli è dovuto alle inchieste. Invece altri parlano, discutono su tutto, difendono l’indifendibile. Il procuratore sta procedendo nelle indagini e quella sola è l’autorità che dovrà dare delle risposte a questa storia.
Per chiarire cosa è successo, però, vogliamo riepilogare in questa sede i dati sin’ora accertati. Così, a scanso di equivoci. Nel dubbio che questo strano, e a volte quasi invivibile Paese, seppelisca anche questa storia nella palude dell’incertezza. Proviamoci.
a) Costa Concordia, per un errore del suo comandante Francesco Schettino, urta contro una secca esterna agli scogli delle Scole, all’isola del Giglio. Il comadante è responsabile (confronta Codice della Navigazione, capo IV, art. 292 e seguenti) della rotta seguita dalla nave.
b) Tale secca è segnalata sulle carte (Istituto Idrografico della Marina, ufficiali per la navigazione in acque italiane, ve ne sono due che dettagliano quella zona), nota da sempre a sub, diportisti, pescatori e chiunque frequenti il Giglio. Non vi sono altre secche nella zona dove una nave del genere possa finire.
c) La rotta sul Giglio era troppo “bassa” già dopo aver lasciato Giannutri a sinistra. L’accostata per passare vicino a Giglio Porto è arrivata in netto ritardo e, in ogni caso, l’eventuale mancata collisione sarebbe stata evitata per pochi metri (fatto assurdo per una nave di quelle dimensioni).
d) Se si voleva “farsi vedere” sarebbe bastato impostare una rotta che fosse passata a un miglio (più prudente), dove il fondale è di 115 metri, oppure (sarebbe stata più rischiosa, ma comunque franca da secche) a 0,5 miglia, con un fondale di 100 metri.
e) La parola “inchino”, ormai stucchevolmente usata, non fa parte del gergo marinaresco, non è una tradizione propria né della marina mercantile né di quella militare. E’ usata qui solo per scopi di marketing da alcune navi da crociera. In sostanza, non ci appartiene.
f) Per capirci, Costa Concordia è stata letteralmente portata da Schettino sugli scogli del Giglio. Al momento dell’urto la distanza (nave di 290 metri, 35 di lartghezza, pescaggio di 8,2 m) dallo scoglio più esterno era di circa 30 metri, quella dalla linea di costa del Giglio era di 0,16 miglia (295 m). Immaginate di portare una nave di quelle dimensioni alla boa che delimita al largo la spiaggia in cui in estate fate il bagno. Sì, proprio quelle che vedete a poche decine di metri dalla battigia e che spesso fungono come meta per una nuotata. Ecco, la Costa Concordia era lì, a quella distanza. E non c’era sabbia soffice, ma duro granito, noto a tutti. Assolutamente inconcepibile, sconcertante e negligente, ogni oltre immaginazione, che quella nave fosse lì in quel momento. E non c’è bisogno di una “scatola nera” per dimostrarlo.
g) Nessuno degli ufficiali, a quanto è stato reso noto, in plancia in quel momento ha ritenuto doveroso segnalare la pericolosità di quella manovra e posizione. Il ritardato ordine di abbandono nave ha probabilmente impedito di salvare tutti, o almeno quasi tutti, i passeggeri. L’inclinazione finale della nave, quella non più sostenibile, è arrivata in ritardo rispetto alla collisione (confronta video diffuso da Guardia di Finanza).
h) La manovra successiva alla collisione, con la propulsione della nave che è andata in breve perduta, è stata in buona parte aiutata dal vento presente quella notte (tra NNE ed ENE sui 4/5 nodi) e dall’abbrivio residuo. La velocità di scarroccio è compatibile con il lasso di tempo trascorso tra il punto più settentrionale in cui si è trovata la nave e l’incaglio. L’ancora è stata calata a nave pressochè già incagliata a Punta Gabbianara.
i) La gestione dell’abbandono nave si è svolta con momenti spesso caotici.
Il resto esula dal nostro campo d’inchiesta giornalistica come testata dedicata alla vela e al mare.
Questi i punti chiave che si possono considerare acquisiti dai dati noti (trascrizioni Compamare Livorno, telefonate intercorse, ricostruzione AIS, dichiarazioni Schettino agli inquirenti). Ogni opinione è legittima, per carità, ma se arriva a contraddire dati empirici, resta appunto un’opinione non suffragata da fatti. La gravità di quanto è successo ci lascia esterefatti. E come noi, lo è il resto del mondo. Cerchiamo di vedere questa storia da una prospettiva diversa, di allontanarci dalla nostra piccola provincia. I responsabili dovranno pagare, fino in fondo, nel totale rispetto della Legge.
Così dovrebbe essere. Che quella metà dell’Italia che non vuole accettare quanto è successo insista, chieda di sapere la verità, non rimanga invischiata nella melassa ma invochi, almeno questa volta, una risposta certa e dei provvedimenti per quanto possibile rapidi ed efficaci. Ma sarà davvero così?
Complimenti, mi pare il primo commento intelligente che si legge su questa storia. (oltre sempre i vs dei gg scorsi). Ora – con cura ma senza perdere tempo (!!) – va tolto
carburante e altri prodotti inquinanti in quanto possibile e tolto il relitto da lì.
Spero sia scontato che MAI nessun gigante del mare si possa mai più avvicinare assai alla costa, giammai a coste del genere !
Schettino dovrà pagare e non poco, e dopo la galera cambiare mestiere e gli auguro riesca rifarsi una vita. Basta.
Ricordiamoci cmq di imparare da questo grottesco disastro, marinai e non.
bv
Complimenti per il continuo aggiornamento sulla incresciosa vicenda.
Mi chiedo se in futuro sia utile posizionare un segnale cardinale per segnalare la secca delle Scole, aiuterebbe l’avvicinamento al porto per le barche provinienti da sud, in particolare di notte.
Non credo che avrebbe evitato l’incaglio della Costa, ma avrebbe comunque migliorato l’avvistamento in extremis.
Una pratica niente affatto marinaresca quella dell'”inchino”, ma solo commerciale, in chiaro contrasto con la sicurezza della navigazione che, manco a dirlo, dovrebbe avere la assoluta priorità su tutto. C’è da sperare che questa tragedia serva a porle fine per convenzione internazionale. Con questo non intendo diminuire minimamente le responsabilità del comandante, il cui comportamento è stato inimmaginabile per un marinaio, prima e dopo la collisione. Sarà la magistratura a giudicarlo con i suoi tempi. Ma è bene evitare che una pratica commerciale non necessaria possa sovrapporsi alla sicurezza della navigazione.
Il comandante del Concordia è responsabile di tre delitti tutti di enorme rilevanza a lui addebitabili senza alcun dubbio:
1) ha percorso una rotta senza tener conto dell’inutile pericolo a cui esponeva la barca e le persone a bordo. Il comandante è sempre responsabile della rotta seguita. Non si deve MAI dimenticare che non basta avere diritto di rotta, ma occorre vigilare per evitare inutili pericoli; il mare viene percorso in base a norme diverse dal codice della strada.
2) ha ritardato inutilmente l’ordine di abbandono nave nonostante avesse già piena contezza dagli ufficiali in sottordine che avevano verificato sul campo la galleggiabilità compromessa e la propulsione ormai distrutta .
3) ha abbandonato la nave quando rimanevano a bordo ancora persone in numero sconsiderato (passeggeri ed equipaggio) .
Va poi aggiunto che diversi ufficiali in sottordine hanno premuto inutilmente su di lui perchè emettesse direttive in ordine alla seconda di queste responsabilità; ove si accerti che qualcuno di questi avesse in animo di agire nonostante assenza di direttive del Comandante, si potrebbe configurare a loro carico il delitto di ammutinamento.
Una nave è un sistema complesso, non complicato !!! Una figura unica al comando è indispensabile e deve essergli attribuito ogni potere, ma deve risponderne personalmente senza alcuna attenuante. Non c’è bisogno di inventare altre regole, basta applicare quelle esistenti con responsabilità e certezza.
Grazie Signor Franco,
dettagliata e precisa esposizione
A volte sul mio blog replico e/o sintetizzo alcuni vostri articoli e in questo caso lo farei ancora, ma per rispetto al vostro lavoro e per quello doveroso da dare alle vittime di queste STUPIDA disgrazia continuo a fare il lettore e non posso che condividere tutto il vostro disappunto. Sostengo in pieno il vostro articolo, rimanendo in religioso silenzio. Un silenzio che tuttavia diventerà un urlo a sostegno della indignazione di chi si sentirebbe offeso intellettivamente qualora si dovesse mettere in discussione anche l’inconfutabile verità palesata dalle evidenze rese pubbliche al mondo intero. Non ci possono e non ci devono essere equivoci che infangano la dignità dell’uomo e dei suoi diritti.
Gentile Stefano,
grazie per l’attenzione. Certo, può rilanciare le nostre news come e quando vuole, basta citare la fonte. Questa vicenda sarà una cartina di tornasole senza appelli per verificare lo stato del nostro Paese. Almeno su questo non ci sono dubbi.
un saluto
Ben detto, Franco!
Nei giorni scorsi ho letto, anche qui credo, alcuni interventi di professionisti della navigazione (non ricordo in dettaglio) convinti che sarebbe stato possibile intervenire in qualche maniera provvisoria sulla falla e condurre la Concordia in luogo più idoneo del Giglio ai vari interventi. In effetti Livorno non è lontanissima, ho pensato, senza permettermi di entrare nel merito della fattibilità.
Ora sento che il relitto rimarrà dov’è per mesi,con tutti i rischi del caso. E mi chiedo:
– quegli uomini dicevano delle sciocchezze?
– le procedure messe in atto dalla protezione civile e altri sono le più idonee?
Non per fare della “dietrologia”: mi auguro che non vengano fuori dei “beneficati” anche dalla gestione di questa tragedia…
Perfetto resoconto! Bravi. Vorrei solo aggiungere il mio grande timore (per non dire una ottimistica negatività) che da questa ignobile disgrazia ci sia sempre il solito “arraffamento” ed una corsa all’ingiusto guadagno con fittizi ed ingiustificati appalti che potrebbero solo portare a ritardi nel recupero del relitto. C’è una domanda che vorrei porre: nei primi giorni ho sentito parlare della possibilità di raddrizzamento della nave con adeguati palloni. Ma sarebbe veramente possibile?
Complimenti, l’analisi e la sintesi mi sembra ineccepibile. Vorrei aggiungere però un ulteriore punto: chi mi sa dire che onda (altezza e velocità) avrebbe prodotto a terra la l’idiota Schettino e la sua (sigh, non sua…) nave se non fosse andata a scogli, passando a quella velocità e distanza, che danno avrebbe causato alle barche all’ormeggio, a quelle eventualmente ancorate di pescatori, se non a chi, pescatore o curioso, si fosse avventurato sugli scogli, senza rendersi conto, di notte del pericolo ??? Io esco dal porto, con qualunque imbarcazione, a 2 kn, e voi ???
Io esco dal porto altri
Gentile Beppe, ottima osservazione. A 15 nodi sicuramente una bella onda. E se un pensionato fosse stato a totani con la sua barchetta a 50 metri dal porto?
I media stanno alzando una cortina fumogena imbarazzante. Alcuni per fare gogna mediatica, altri per amore dello scoop e, alla fine, l’informazione chiara ed equilibrata non riusciamo a leggerla neanche su Marte.
E’ chiaro che il caso “Costa Concordia” sta diventando un caso politico-economico. Va anche bene che lo sia, a patto che le responsabilità oggettive emergano chiare.
Per la marineria italiana, il caso “Costa Concordia” è una macchia praticamente indelebile. Il caso “Andrea Doria” ci insegna che solo dopo oltre 50 anni, la figura del comandante Calamai è stata riabilitata nonostante fossero già allora chiarissime le responsabilità della Stockholm. In questo caso le responsabilità sono – ahimè – solo italiche. Il danno d’immagine e credibilità internazionale è altissimo.
Anche per questo i media nazionali dovrebbero impegnarsi per la massima trasparenza e chiarezza dell’informazione, perché almeno su questo se ne esca puliti e credibili.
Un grazie alla redazione di FareVela.
Le responsabilità del comandante o meglio dell’ex comandante Schettino sono fuori discussione. Se anche dalla Costa gli avessero chiesto o permesso di fare l’inchino, certamente nella sua veste di “Dio” a bordo con autorità assoluta avrebbe dovuto scegliere una rotta e una velocità di sicurezza. Direi almeno un miglio dalla costa e velocità di 5 nodi. Quel pazzo ha impattato sulle Scole a una velocità di 16 nodi. Se avesse proseguito sarebbe passato rasente al porto con quel bestione a quella velocità che avrebbe sicuramente travolto eventuali barchine di percatori fuori a totanare o a pescare. Dire incoscente è dir poco. Dopo l’impatto ha perso la testa e non è più stato in grado di scelte razionali. Quando gli hanno riferito che 5 compartimenti erano allagati, quando al massimo l’allagamento di tre avrebbe consentito alla nave di rimanere a galla, ha rifiutato la realtà ed è andato nel pallone. Dubito che l’inversione di rotta e l’incaglio siano state il risultato di scelte razionali. Probabilmente prima dell’urto, in un disperato tentativo ha dato tutto timone a destra (dimostrato dallo squarcio che è nella sezione poppiera) e in questa posizione il timone è rimasto dopo la perdita dei motori e della propulsione. Questo lo ha portato a compiere una inversione di rotta da destra con l’abbrivio residuo e a velocità ormai lenta a spiaggiarsi su punta Gabbianara spinto anche dal vento che soffiava da est. Le ancore sono state date a nave ferma, lo dimostra la catena accavallata sopra e vicino all’ancora. Per me pura fortuna. Se la nave si fosse allontanata dal Giglio raggiungendo i fondali molto prossimi di 70-80 m del canale, sarebbe rapidamente affondata rovesciandosi su un fianco portando con se almeno 3000 persone. Ma anche 32 morti, uccisi da una “bravata” sono un’enormità e suscitano un grande dolore e sconforto per le vittime e i loro familiari e una grande rabbia per chi li ha uccisi.
Senza contare il disastro ambientale di cui siamo ben lontani dal venirne fuori.
Insomma, dai commenti par di capire che non sono l’unica ad aver memorizzato ipotesi di sollecito spostamento della nave e a essere perplessa sulle procedure in atto.
La redazione ha modo di fornire un parere tecnico sulla questione?
La domanda è: esistono altri modi per rimuovere la Concordia dal Giglio più rapidamente e con minor danno?
Cara Virginia,
la manovra ipotizzata prevedeva di chiudere in modo grossolano la falla sulla fiancata di sinistra, aspirare l’acqua penetrata da bordo dello scafo, sollevare la nave (rimorchiatori, vari sistemi di sollevamento) e rimorchiare la nave in un bacino (Livorno il più vicino?). Dalle informazioni che abbiamo sono manovre complesse ma già eseguite in passato. Alternativa è tagliare la nave in loco, ma la procedura è lunga e di grande impatto ambientale. Qualche anno fa un’operazione simile venne effettuata su un mercantile incagliasosi tra Rosignano Solvay e Castiglioncello.
Ciò che ci preoccupa più di tutto è la continua ridda di voci sulla vicenda che trapelano dal Giglio.
Sulla fattibilità di queste operazioni, che contrasterebbero con quando dichiarato oggi da Costa Crociere (“Non c’è conoscenza al mondo su questo tipo di intervento per navi simili, stiamo acquisendo i passi necessari per procedere”), stiamo indagando e pubblicheremo aggiornamenti appena possibile.
Un saluto
Per riportarla al galleggiamento dovrebbero prima essere chiuse tutte le falle. Quella grande sul lato sinistro richiede tempi lunghi ma è fattibile. Altro discorso se si sono aperte delle falle sul fianco che appoggia sul fondo. Qui l’intervento sarebbe molto difficile per non dire impossibile. Chiuse le falle con enormi palloni o galleggianti applicati sul fianco destro la nave dovrebbe essere raddrizzata, dopo di che svuotata dalle acque e rimorchiata in qualche porto indiano o della Malesia per la demolizione. La nave, per le deformazioni che ha subito e che continua a subire è irricuperabile.
Se non si può riportare al galleggiamento l’alternativa è la demolizione in loco, in mare in pratica. Enorme e lento lavoro con grande impatto ambientale.
Io ho assitito alla demolizione della navetta (navetta a confronto della Concordia) che spiaggiò a Crepatura in comune di Rosignano Marittimo. Era una “scialuppa” a confronto della Concordia ed era completamente spiaggiata per cui le operazioni di demolizione furono in pratica eseguite da terra. Aaltra posizione, dimensioni e difficoltà nel caso della Concordia.
Buongiorno
Mi ricordo che il ministro dell’ambiente aveva chiesto alla dirigenza della Costa un piano di evacuazione della nave entro le 48 ore successive all’avvenuto incidente.
Da un paio di giorni il comissario Gabrielli parla di redazione di un capitolato per appaltare le opere di rimozione della nave, di gara d’appalto, di assegnazione delle opere e poi finalmente potremo sapere se la nave sarà trasportata in altro luogo o se sarà demolita in loco.
Non mi interessa sapere se ci vogliono 2 mesi per il capitolato o 7 mesi per la rimozione, semplicemente poichè si tratta di un tempo troppo lungo e sono certo che questo termine è sottostimato.
Mi piacerebbe sapere se la Costa ha contratto un assicurazione nelle quali sia prevista anche la negligenza del suo comandante. In altre parole un assicurazione che possa garantire e quindi coprire il 100% dei danni arrecati.
In questo modo non sarebbe necessario perdere tempo nella redazione di capitolati e nell’assegnazione delle opere.
Sarebbe sufficiente una proposta tecnico economica da parte di quelle poche società specializzate nel “recupero” navi e di una commissione che ne giudichi dal punto di vista tecnico la fattibilità. E’ una soluzione che apparentemente può costare di più (quali danni copre l’assicurazione oggi?), differentemente non credo che le assicurazioni prendano in carico un preannunciato disastro ecologico di questa portata.
buona giornata
Ma svuotarla di carburanti, sostanze e materiali inquinanti e rimorchiarla a qualche centinaio di metri dalla riva e affondarla? In pochi tempo diventerebbe un incredibile acquario sottomarino, in alcuni paesi lo fanno a volte anche per evitare la pesca a strascico. Ricordate la petroliera al largo di Genova? (non ricordo il nome)
dopo tre settimane di d’urso , vespa , gabrielli , e tanti
altri , l’italo silenzio è già sceso su una tragedia anche
di cultura ,di etica , di tecnica (non solo marinara),di
coraggio della verità e di tante cose che l’Italia ha ormai
sepolto e nascosto dietro un televisore diventato la nostra
pilotata coscienza e capacità di pensare.
Grazie,Farevela,di ricordarci come il Mare sia da amare e rispettare
Gentile Mario, grazie del suo commento.
Proprio questo volevamo segnalare. Smettiamo di guardare la televisione sensazionalista alla Vespa e analizziamo i fatti, davvero sconcertanti in questa vicenda. Vigiliamo, usiamo Internet con tutte le sue potenzialità evitandone però i rischi (circolazione rapidissima di voci non verificate). Indigniamoci e reagiamo. Per quanto riguarda le nostre sfere di competenza, in questa assurda e troppo italica vicenda che è la Costa Concordia, abbiamo provato a farlo e il riscontro dei lettori, che disperatamente cercavano di avere delle informazioni documentate, è stato rilevante. Come abbiamo scritto, non abbassiamo la guardia su questa storia. Ne va davvero del (poco ormai) prestigio di questo Paese. E intanto qui in Maremma il Grecale, com’è normale a febbraio, insiste e il recupero del carburante è slitato a giovedì.
Un saluto
Non e’ importante che la secca e’ segnalata sulle mappe di questo o di quello istituto ma e’ importante sapere se e’ segnalata sulla mappa che stava in plancia. Non mi sembra che il Procuratore di Grosseto abbia fatto riferimento a cio’. La scatola nera ci dira’ se quella secca sia stata “battuta” dal radar oppure non e’ stata segnalata nemmeno da questo apparecchio. In quanto a de falco, sbaglio o venne coinvolto anche nella vicenda del Moby Prince dove non riusci’ ad organizzare i soccorsi. Eroe per aver detto cosa? ma scherziamo…
Purtroppo mi sono espresso male per quanto riguarda la Moby Prince, mi riferivo alla Capitaneria e non a De Falco…