Pantelleria- Pantelleria è salva. O almeno sembra. Come noto, nei mesi scorsi non poche erano state le preoccupazioni per le trivellazioni petrolifere nel canale di Sicilia. Con la firma del decreto liberalizzazioni da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, infatti, sparisce il tanto contestato articolo 17 che consentiva ricerche di idrocarburi e trivellazioni petrolifere entro le 12 miglia dalla costa anche in quelle aree protette come i Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) e le Zone di Protezione Speciale (ZPS). Veniva dunque disattesa la dizione “area marina e costiera ad ogni titolo protetta” contenuta nel decreto 128/10 del ministro Stefania Prestigiacomo. Inoltre viene cancellato quel passo del decreto dove si parla di concessioni facili. L’unica liberalizzazione prevista dal Governo Monti riguarda i distributori di carburante.
Tornando indietro nel tempo, il decreto attuale, noto anche come “decreto trivelle libere”, andava a modificare sensibilmente quanto previsto dal decreto legislativo 152 del 2006: il divieto di svolgere attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi all’interno di tutte le aree protette (presenti e future). Ma l’articolo 17 superava questi limiti precisando che “nel caso di istituzione di nuova area protetta restano efficaci i titoli abilitativi già rilasciati alla data di inserimento della stessa nell’elenco di cui al decreto 27 aprile 2010 e sue modifiche e integrazioni”. Ovvero si limitava così la definizione di aree protette a quelle individuate dal decreto ministeriale del 27 aprile 2010 (IV Elenco ufficiale).

Secondo poi un dossier preparato dal WWF, Milioni di regali – Italia: Far West delle Trivelle, i guadagni prospettati dallo Stato italiano non sarebbero poi così ingenti. Nonostante tutti questi “facili” permessi, infatti, i proventi per le casse pubbliche sono esigui: su 136 concessioni di coltivazione in terra di idrocarburi liquidi e gassosi attive in Italia nel 2010, solo 21 hanno pagato le royalty alle amministrazioni pubbliche italiane; su 70 coltivazioni a mare, le hanno pagate solo in 28. Su 59 società che nel 2010 operano in Italia solo in 5 pagano le royalty. Si tratta di guadagno davvero irrilevante, se confrontato con i danni causati all’ambiente, vero patrimonio nazionale di valore inestimabile.
“Vorrei pensare – afferma Alberto Zaccagni, presidente di Apnea Pantelleria, una delle associazioni che più si è attivata nelle sedi istituzionali – che le forti pressioni attuate da tutte le associazione ambientaliste e tra queste anche la nostra Apnea Pantelleria, abbiano fatto cambiare rotta al governo. Sta di fatto che l’articolo 17 questa volta è stato a nostro pro, segnando così anche una nuova grande verità, che ribadisce quanto con un’attenta e circostanziata opposizione, il dialogo sia aperto”.
E sempre a proposito dell’isola siciliana, vi segnaliamo un libro appena uscito: “Il libro dell’Isola di Pantelleria”, scritto da Angelo D’Aietti.