Roma- Il TAS di Losanna ha respinto il ricorso presentato da Pietro Sibello lo scorso 4 luglio, avverso il parere dei medici dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport che non avevano concesso l’idoneità sportiva all’atleta delle Fiamme Gialle, olimpico ad Atene e Qingdao nella classe 49er, vincitore delle selezioni e autore, insieme al fratello Gianfranco, della qualificazione per l’Italia ai Giochi di Londra 2012. Il TAS ha respinto per “Incompetenza”, ovvero non si è considerato competente nel giudicare il caso. Come spiegava lo stesso Pietro Sibello nell’intervista concessa ieri a Farevelanet, il giudizio di competenza doveva precedere quello sul merito.
Una vicenda per certi versi assurda e specchio di un Paese ormai, ci sia concesso, in preda a gruppi di potere che mirano solo all’autoconservazione. Torneremo a parlare nel dettaglio di questo caso, prima però rispettiamo Pietro Sibello e pubblichiamo il suo commento, l’unico che conti davvero in questa storia.
“Sono veramente rammaricato.
Nei comunicati che sono usciti oggi viene tralasciato il fatto che il Coni ha fortemente rifiutato la competenza del Tas, e solo per questo motivo il tribunale ne ha dovuto verificare la validità.
Non hanno voluto andare a giudizio perchè sapevano che sarebbe stato molto difficile sostenere la loro posizione. Se quattro anni fa il Coni avesse agito con altrettanto vigore per difenderci davanti allo stesso Tas, del quale allora aveva riconosciuto la competenza, la medaglia non ci sarebbe scappata. Adesso ho bisogno di tempo per decidere come affrontare il prossimo futuro sia come persona che come atleta, ma penso che un fatto del genere non debba passare inosservato.
Grazie a tutti per il fantastico supporto, me ne ricorderò!
Un abbraccio”
Domenica sera, Pietro Sibello fa poi pervenire ai media quest’altro comunicato:
“Amarezza e delusione dopo anni passati a difendere la maglia azzurra”
Pietro Sibello dice addio a Londra 2012. Il CAS, il Comitato Arbitrale dello
Sport di Losanna, ha respinto il ricorso presentato dal timoniere azzurro
per “incompetenza”, in quanto il CONI non ne ha accettato la giurisdizione
(essendo il CAS un tribunale arbitrale necessita l’accettazione di entrambe
le parti).
“Sono deluso e amareggiato” ha commentato Pietro Sibello, “non accettando il
giudizio, non mi è stata data la possibilità di presentare tutta la
documentazione che avevo prodotto. Non solo, il mio caso viene chiuso senza
che siano stato fatti approfonditi accertamenti medici. Ripeto, neanche una
visita. Quello che più mi fa male è che non c’è stato alcun tentativo di
valutare veramente la mia situazione. Tutti i medici che ho consultato hanno
dichiarato che il rischio legato al mio problema (un piccolissimo angioma
riscontrato nel settembre 2011) era bassissimo.
Quattro anni fa ci siamo battuti con il CONI al CAS per la medaglia di
Pechino, oggi il CONI non ne riconosce la competenza. Non è solo mancanza di
coerenza, Il CONI non vuole essere giudicato per non dover ammettere di aver
sbagliato. Si chiude un capitolo, adesso dovrò riflettere sul mio futuro.
Fra tanta amarezza, desidero comunque ringraziare la Federazione Italiana Vela e tutte le persone che mi hanno supportato, sostenendomi e incoraggiandomi”.
Nostro commento
Che brutta l’Italia quando si esprime come in questa vicenda. Siamo sicuri che meriti una persona degna e un atleta pulito, oltre che di altissimo livello, come Pietro Sibello? Forse no e, in questa storia, sia detto con fermezza, è il sistema burocratico del CONI ad aver perso, quell’apparato che non ha voluto andare a un giudizio sul merito, non ha voluto tener conto di autorevoli pareri medico-scientifici che parlano di un rischio così insondabile e minuscolo da rasentare l’imprevedibilità. Si è rifiutato di discutere dell’autodeterminazione di un atleta, del rispetto delle regole, del buon senso e persino della logica. Se Sibello e la Federvela avessero fatto “i furbi”, si fossero comportati come si dice “all’italiana”, basandosi sulle sole visite mediche preolimpiche sostenute dall’atleta di Alassio, nessuno avrebbe avuto da ridire. Pietro Sibello starebbe ora contando i giorni per lottare ancora per quella medaglia che quattro anni fa prima vinse e poi perse in una giornata irripetibile. Da parte nostra non scorderemo mai il volto di Pietro e Gianfranco quando, sullo scivolo del porto olimpico di Qingdao, la gioia si trasformò in incomprensione di una vicenda assurda. Allora una medaglia olimpica, proprio per il CONI, loro l’avevano vinta sull’acqua, per poi vedersela togliere in sala Giuria. Fu lì che venne fatta una valutazione dello “spirito olimpico”, quella forza che aveva spinto due ragazzi danesi e il loro allenatore (Jesper Bank) a lottare ogni oltre logica per conquistare il massimo alloro possibile per uno sportivo. Allora fu premiato lo spirito olimpico. Oggi Pietro Sibello, Gianfranco Sibello e Giuseppe Angilella hanno dimostrato di avercelo quello spirito olimpico. Il CONI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, invece no. Che tristezza. Che Paese apatico e incarognito.
Tutta la nostra stima, condivisa dalla totalità della vela italiana, a un uomo di notevole spessore e a un grande atleta. Lo ripetiamo, che bella sarebbe l’Italia dei Sibello, di Alessandra Sensini, di quelli che ancora credono nei valori della vita e dello sport. Purtroppo, però, non è ormai più così.

La notizia è stata battuta anche dall’Ansa e ha come conseguenza immediata che l’equipaggio azzurro a Weymouth nella classe 49er sarà quello composto da Giuseppe Angilella e Gianfranco Sibello.
Questo il comunicato ufficiale pubblicato dal CONI nella home page del suo sito:
“Il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna ha respinto – per “incompetenza” – il ricorso presentato da Pietro Sibello (Federazione Italiana Vela) il 4 luglio 2012, avverso il parere dei medici dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, con il quale è stata espressa valutazione negativa al conseguimento da parte dell’atleta della qualifica di “Probabile Olimpico”.
La comunicazione è arrivata questa mattina al CONI. Il TAS, nelle motivazioni, ha spiegato che – ai sensi dell’articolo 52 del Codice di Arbitrato Sportivo – non è possibile incardinare alcuna procedura di arbitrato sulla base delle argomentazioni avanzate da Sibello. Il Tribunale altresì, ha specificato che – in relazione alla costante giurisprudenza dello stesso TAS, non è possibile applicare la norma 61 della Carta Olimpica, pur invocata dall’atleta, e che non ha alcun valore il fatto che Sibello sia stato in passato “Atleta Olimpico”.
Il TAS specifica infine che l’atleta non ha comunque esaurito tutti i gradi di giudizio interni, non avendo esperito ricorsi all’Alta Corte di Giustizia o al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, così come previsto dallo Statuto del CONI”.
Da velista e medico penso che al coni si siano bevuti il cervello. Il problema di Sibello si stima che sia presente fino al 40% della popolazione generale, per cui chissà quanti altri atleti delle squadre olimpiche ne sono portatori. per essere corretti dovrebbero fare accertamenti a tutti gli atleti ed escluder tutti quelli che risultassero positivi….avranno questo coraggio?
A questo punto, se fossi in Gianfranco e Giuseppe non parteciperei più alle Olimpiadi.
E’ troppo triste senza Pietro.
Al Coni risulterebbe così evidente il vuoto lasciato.
A questo punto mi trasferirei in altro Stato per vincere l’oro a Rio.