Talamone- Il Kite Racing diventa classe olimpica e sostituisce il windsurf a partire dai Giochi di Rio 2016. La notizia arrivata lo scorso 5 maggio dal Meeting ISAF di Stresa ha provocato un gran bel subbuglio in seno al movimento velico “boarding” internazionale. Chi è contrario, chi contesta la regolarità del voto, chi è favorevole. Salvo ripensamenti nel prossimo Meeting Annuale ISAF di novembre 2012, dopo il voto che seguirà all’attività di lobbying del movimento e delle federazioni favorevoli al windsurf, il Kite Racing è al momento la nuova disciplina che rappresenta le tavole a vela all’Olimpiade.

Visto che per poter esprimere un’opinione su un movimento bisogna prima provare a conoscerlo, ecco che FareVela è andata a Talamone, uno dei centri principali di questa disciplina, per approfondire la conoscenza con tavole, pinne, cavi e aquiloni. A farci da guida sono Simone Vannucci, fiorentino, uno dei migliori in Italia della specialità, e due atleti maremmani, Andrea Fornaro e Leonardo Morelli. Il primo è un velista professionista e ha esperienze in classi olimpiche, altura e monotipi. I tre sono anche coinvolti nel mondo kite come produttori dei materiali con la loro Royal Kiteboarding. La costa maremmana, con il suo vento costante, è proprio uno dei centri di questa disciplina (come lo era già del windsurf e della vela) visto che qui è nata anche la RRD di Roberto Ricci, azienda affermata a livello internazionale con windsurf e surf e ora anche lei impegnata nello sviluppo del Kite Racing.

Come funziona, quindi, il Kite Racing? E’ vera vela? E’ giusto che sostituisca il windsurf che così tante soddisfazioni ha dato all’italia velica e olimpica? Innanzi tutto diciamo che la versione Race del Kite ha ben poco a vedere con il kite freestyle che tutti noi siamo abituati ormai a vedere su tutte le spiagge italiane. Le tavole e gli aquiloni sono assai diversi. La tavola ha tre pinne lunghe 40 cm, è larga e pesa al momento 5,6 kg. I 4 cavi di manovra sono lunghi 30 metri e la vela ha 4 misure base in funzione del vento, variando dai 9 metri di quella “storm” (una vera e propria “tormentina” per capirci), ai 19 mq di quella più grande, usata con vento dai 6 ai 12 nodi. “Il range di regata è molto ampio, dai 6 ai 30 nodi, e anche l’onda non è un problema, piuttosto diventa difficile la conduzione con aria molto rafficata”, ci spiega Simone Vannucci, numero tre della ranking italiana 2012.
Le prove, per quanto abbiamo visto simulandone un paio nel nostro test, sono un tuffo al cuore di adrenalina. Durano circa 12-15 minuti e se fanno fino a 6 in un giorno. Tutto avviene a velocità impressionanti: 16-18 nodi in bolina e 24-32 in poppa. “Il Vmg è la cosa più importante e, cambiando vela in base al vento, in bolina siamo sempre intorno ai 12 nodi di avanzamento verso la boa”. L’approccio fisico e atletico è notevole, con una conduzione in bolina basata sull’efficienza delle tre derive (le due anteriori sono inclinate di circa 3° per favorire un lift della tavola, mentre quella posteriore fa da timone) e sul corpo al trapezio. Sì, il kiter in bolina pare proprio un prodiere di 470 al trapezio, disteso quasi parallelo all’acqua con un notevole uso delle gambe. “Con onda le gambe sono molto sollecitate”, spiega Vannucci, “e sono proprio loro, con un movimento continuo, a garantire l’aderenza della tavola all’acqua tra creste e cavi”.

La partenza è identica a una regata, con 5 minuti, un minuto e via. Le regole di regata sono le stesse, con l’unica eccezione che quanto l’aquilone in poppa viene mosso in “loop” (movimenti circolari per favorire l’accelerazione) si perde ogni diritto, proprio come una barca a vela che manovra e deve dare acqua. Mure a dritta e mure a sinistra, sopravvento/sottovento sono gli stessi delle classi veliche, con la differenza che l’aquilone può essere inclinato per evitare il contatto tra chi è mure a sinistra e deve dare acqua a chi proviene mure a dritta (in sostanza si può far passare la vela “sotto o sopra” quella dell’avversario), anche se, ci confermano i nostri ciceroni, “a volte capita che i cavi si intreccino”. L’interno in boa esiste ma non ha molto senso, visto che le velocità sono tali per cui chi è avanti naturalmente gira in testa. In effetti abbiamo constatato come tale manovra sia così veloce da essere regolamentata semplicemente dalla dinamica stessa della regata.
La partenza avviene con i kiter che sollevano la vela, mantenendo però un lento movimento, di fatto non si resta mai fermi sul posto, e lanciandosi poi allo sparo in bolina. Gli angoli controvento sono davvero sorprendenti per chi non conosceva (come noi) questa disciplina. Si stringe come una qualsiasi deriva e forse anche qualche grado in più “anche se a comandare è sempre il Vmg, visto che vi sono situazioni in cui puggiare 3-4 gradi può far accelerare molto. Piuttosto è fondamentale virare il meno possibile e farlo nel punto migliore rispetto agli avversari. Alle nostre velocità e con i 4-5 secondi necessari per tornare alla velocità target, si possono perdere anche 50 metri a virata rispetto a un’avversario, per cui poche virate e nel punto giusto”, specifica Vannucci. “Più che tattica velica nel senso stretto, è importante la strategia rispetto agli avversari, visto che il kite provoca un’enorme cono di rifiuti e aria perturbata che può compromettere la navigazione di chi li subisce”, conclude l’atleta fiorentino.

La scelta del kite è chiaramente dovuta all’imperativo del CIO: la vela deve diventare spettacolare e piacere ai media e ai giovani se vuole mantenere lo status olimpico. Per quanto abbiamo visto, con le sue regate di 15 minuti, molto atletiche e velocissime, il kite va esattamente in questa direzione. Ci è anche sembrato che non sia una disciplina “facile”, come invece può essere il kite “da spiaggia”: per poter regatare bisogna raggiungere prima un certo livello. Non sono immaginabili, ci pare, regate di club come con un Laser o un qualsiasi monotipo. Qui bisogna essere atleti (altro dato ormai fondamentale nella vela olimpica contemporanea) e pensare in fretta. “Anzi, a volte non c’è proprio tempo di pensare e tutto avviene in apnea”, ci spiega Andrea Fornaro, “I migliori del windsurf non hanno problemi a imparare in fretta, anche Laura Linares è venuta qui a Talamone per provare questa disciplina, certo ci vuole un po’ di tempo per apprendere le manovre base”.
Il percorso di regata è molto “velico”, un quadrilatero che ricorda quello in voga nei Laser: partenza-bolina-traverso-poppa-traverso-bolina-traverso-poppa-laschetto fino all’arrivo. Il lato di bolina arriva anche a un miglio, ma con un Vmg a 12 nodi e 24-30 in poppa ecco che alla fine si arriva ai 15 minuti per prova di cui parlavamo.
Che dire? La bolina ci è piaciuta, la velocità anche e il tutto ci ha dato l’impressione di essere molto più “velico” di quanto potessimo immaginare. Un’evoluzione estrema di una vela ormai consacrata allo spettacolo, al dio-Vmg e ai media (speriamo). Secondo noi, forse è avvenuto tutto troppo in fretta e il windsurf poteva restare almeno per Rio 2016, ma pare che ormai il dado sia tratto. Crediamo però che, in prospettiva futura, il Kite Racing possa soddisfare chi nella vela ricerca soprattutto velocità, adrenalina e spettacolo, perché, adesso lo possiamo testimoniare, qui si va davvero molto, ma molto veloci. Che poi tutto questo soddisfi meno noi amanti della vela come l’avevamo conosciuta è tutt’altro discorso.
Il nostro video, con prove e l’intervista a Simone Vannucci:

Video Onboard con GoPro sulla testa di Leonardo Morelli (boline e poppe con 25 nodi di Grecale, virate e strambate):

Gli atleti italiani In Italia gli atleti in testa alla ranking internazionale (e anche italiana) sono il toscano Simone Santoni, Andrea Beverino (ex windsurf olimpico), Simone Vannucci e il sardo Luca Marcis. Tra le donne vanno forte la toscana Alice Brunacci e la napoletana Chiara Esposito,… in attesa di Laura Linares?
Il Campionato del Mondo 2012 si svolgerà a Cagliari dal 2 al 7 ottobre prossimi.
Un video dal Nordamericano 2012, appena conclusosi a San Francisco:

Materiali La sperimentazione delle tavole è ormai quasi standard, sulle pinne (in G10 o carbonio) si lavora invece molto, così come sulle vele. Nel 2014 l’ISAF dovrebbe definire la rigida Box Rule (non un monotipo) con cui i produttori produranno i materiali che i migliori atleti useranno alle Olimpiadi.
Un pacchetto completo di materiali nuovi, con le 4 vele in dotazione, tavola e cavi costa sui 4.000 euro, di cui 1.000/1.200 per la tavola.
Il peso ideale ovviamente varia in funzione del vento e si definirà ben presto con il quadrinennio olimpico. Al momento si va dai 70 ai 90 kg, ma è immaginabile che ci si possa dirigere verso una forbice 80/85 kg.

Per saperne di più, camp e allenamenti:
Simone Vannucci Royalkiteboarding.com
Andrea Fornaro sail consulting www.afsailing.com
Roberto Ricci Design www.robertoriccidesigns.com/shop/k-race/
Classe internazionale http://www.internationalkiteboarding.org/
Classe italiana http://www.classekiteboardingitalia.it
Ringraziamo Andrea Fornaro, Simone Vannucci e Leonardo Morelli per la preziosa collaborazione.
ciao, che bel servizio avete fatto, molto completo ed equilibrato. Certo quelli del CIO li capisco, però perchè sacrificare il windsurf? è come se alle invernali per inserire lo snowboard (che filosoficamente è uguale a wind- e kite-surf) avessero tolto che so, il fondo o lo slalom speciale…
buon vento a tutti (sopratutto a Sibello)
Luca