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Portisco- “Una situazione surreale”, attacca il direttore del Marina di Portisco, Francesco Baldassarri. “Sono la legge istitutiva del Parco e la Legge Quadro del Ministero dell’Ambiente a prevederlo”, è la risposta dell’Ente Parco. Di certo una querelle che va avanti ormai da anni e che coinvolge da vicino uno dei territori marittimi e paesaggistici più affascinanti del Mare Nostrum: l’Arcipelago della Maddalena.

La famigerata mela della discordia, secondo quanto denunciano alcuni marina capeggiati da Portisco, è l’impossibilità per queste strutture portuali di svilupparsi ulteriormente perché di anno in anno diminuirebbe il numero di turisti e di diportisti che durante le vacanze estive vogliono dirigersi verso le isole di fronte al Comune di Olbia: Mortorio, Soffi, Le Camere e Bisce. Il tutto a causa di una norma che risale al 1996, ovvero alla legge istitutiva dell’Ente Parco de La Maddalena (DPR 17 maggio 1996) che, classificando queste aree come zone di rilevante interesse naturalistico, nelle quali il rapporto tra uomo e ambiente è limitato, vieta qualsiasi avvicinamento e ancoraggio nei tratti di mare tra Mortorio e Nibani.

Mortorio e Soffi, due delle isole dell'Arcipelago de La Maddalena che la Legge Quadro del Ministero dell'Ambiente ha deciso di salvaguardare al 100%

Ma a incendiare ancora di più gli animi degli operatori turistici e delle amministrazioni portuali, tra cui anche quelle di Porto Cervo e Porto Rotondo, è la disparità di trattamento fra le isole meridionali dell’arcipelago e quelle invece settentrionali, tra cui le incantevoli Spargi, Budelli, Santa Maria, che gravitano attorno al territorio comunale di La Maddalena. Mentre infatti per le prime vige il massimo livello di tutela ambientale, nelle seconde sarebbero state chiuse al pubblico solo poche zone, tra cui la spiaggia di Budelli. Dunque, la maggior parte delle isole più a nord sono fruibili grazie all’organizzazione di campi boe, nei quali i diportisti possono stazionare pagando un ticket.

Un’idea comincia a serpeggiare fra questi operatori, colpiti maggiormente dal DPR: per loro l’atteggiamento del Parco è connesso alle difficoltà di controllo delle isole e ai minor introiti garantiti rispetto alle altre aree dell’arcipelago. E, forse con un po’ di malizia, affermano che La Maddalena si vuol far più bella attirando con più facilità frotte di turisti.

Secca la replica dell’Ente Parco, che già nelle settimane passate aveva provveduto a inviare delle lettere agli interessati spiegando la questione e i piani futuri di sviluppo delle aree in questione. Leggiamo: “Negli anni scorsi non è stato imposto alcun nuovo divieto da parte dell’Ente ma piuttosto è stato semplicemente richiamato il rispetto di una Legge nazionale, che altre gestioni (fino al 2006, ndr) hanno probabilmente ignorato in chiara violazione delle stesse norme istitutive del Parco e quindi della stessa volontà di coloro che hanno contribuito alla stesura della zonizzazione dell’area protetta: asserire infatti che con un atto non previsto da un chiaro iter com’è quello indicato dalla Legge 394/1991, relativo al Piano per il Parco e al Regolamento, si possa derogare a fonti di diritto di primo o secondo grado, significa ignorare le norme principali di diritto pubblico e costituzionale”.

Le isole settentrionali de La Maddalena, provviste di campi boe per l'ormeggio dei diportisti. Il DPR 17 maggio 1996 avrebbe limitato a poche zone il divieto di ormeggio

La richiesta dei marina è quella di modificare la cosiddetta zonazione e cioè di togliere il divieto assoluto di accesso a Mortorio, Soffi, Bisce e Le Camere, consentendone l’accesso ai residenti e ai non residenti; in quest’ultimo caso solo se accompagnati da guide esclusive del Parco, così da tutelare l’ambiente, garantendo la conservazione di luoghi da proteggere. La proposta si arricchisce poi di altre iniziative, come l’installazione di un campo boe, l’imposizione di limiti di velocità sottocosta tra le isole e, come succede già nella vicina Corsica, l’installazione di diversi punti di stazionamento (boe e gavitelli) lungo le rotte che attraversano l’Arcipelago de La Maddalena per evitare che migliaia di ancore siano calate giornalmente nei punti più sensibili.

Gli operatori turistici parlano di un Regolamento da modificare, ma dall’Ente precisano subito che non è stato ancora approvato e, di conseguenza, non è in vigore. Così spiegano i progetti della loro amministrazione: ”Solo con l’adozione del Piano per il Parco si potranno introdurre forme più elastiche di fruizione dell’area marina. Anche per l’adozione del Piano per il Parco e del Regolamento, che in questo momento, e già da alcuni mesi, sono in fase di stesura, bisogna rispettare un iter legislativo – purtroppo assai complesso – che coinvolge la Comunità del Parco, la Regione Sardegna e il Ministero dell’Ambiente. Il Parco ha avviato proficui rapporti sia con la Provincia di Olbia-Tempio sia con i Comuni frontalieri verso i quali non c’è alcuna volontà di esclusione  ma, al contrario, di necessario coinvolgimento: rapporti di collaborazione che non possono essere inquadrati se non nell’ambito della cornice normativa esistente”.

Sulla questione si era già espresso nel 2002 il Ministero dell’Ambiente, affidando a una nota la propria posizione. Di seguito ne riportiamo uno stralcio: “La legge quadro sulle aree protette incardina la potestà regolamentare dell’Ente Parco in capo al Consiglio direttivo dello stesso (art. 9, comma 8); individua poi, quali fondamentali strumenti di pianificazione e protezione del territorio del parco, il piano per il parco (art. 12) ed il regolamento del parco (art. 11); strumenti dei quali disciplina le modalità procedimentali e di approvazione, configurando un iter che si conclude con la pubblicazione degli stessi sulla G.U. della R.I., attesa la loro forza sugli strumenti urbanistici locali. […] Rebus sic stantibus allorquando nel D.P.R. 17 maggio 1996 viene richiamato lo specifico potere regolamentare “dell’organismo di gestione del parco”, si intenda fare riferimento ad una serie di attività che non possono non trovare collocazione all’interno del regolamento del parco che è, ex lege, l’unico strumento previsto dal Legislatore per la disciplina “dell’esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco”; conseguentemente deve escludersi che il D.P.R. 17 maggio 1996 abbia investito “l’organismo di gestione del parco” di un potere regolamentare diverso da quello previsto dall’art. 11 della Legge Quadro.”

Ad oggi l’iter legislativo si è bloccato non solo per le lungaggini burocratiche a cui l’Italia ormai ci ha abituato, ma anche perché la posizione di presidente dell’Ente Parco è vacante e lo sarà per i prossimi tre mesi. Il che significa, per i marina colpiti dai provvedimenti, un altro anno di vacche magre.

Come ci ha spiegato lo stesso direttore Baldassarri, il danno economico stimato è alto e difficilmente quantificabile. Secondo i suoi calcoli, gli introiti per i porti e le strutture di accoglienza sarebbero diminuiti del 10-15%, con conseguenti danni a tutta la filiera portuale e costiera. Lo stesso Baldassarri porta un esempio: “In ogni porto sorgono attività di noleggio gommoni per uscite giornaliere. A Portisco chi aveva avviato questa attività negli anni passati ha ridotto l’offerta a soli due gommoni, mancando di fatto mete da raggiungere con tali mezzi”.

L'attività di noleggio dei gommoni per uscite giornaliere era uno dei servizi offerti dai marina. Con l'impossibilità di visitare le isole, sono diminuite sensibilmente le richieste di affitto

Ma non tutto è perduto. L’intenzione del Parco, già manifestata dall’ex presidente Giuseppe Bonanno, è quello di dar vita a un tavolo che porti in tempi celeri all’approvazione di un Piano e di un Regolamento che rivaluti “positivamente” le isole tutelate al 100%. E l’importanza del dialogo e della necessità di uscire da questa impasse è spiegata direttamente dagli uffici del Parco: “Nei mesi scorsi la direzione ha rigettato una bozza presentata da una società che non teneva in considerazione le linee guida tracciate dall’ente stesso. Infatti non aveva minimamente preso in considerazione la futura fruibilità dell’isola di Mortorio”.

Di certo, i tempi sono ancora lunghi. Si stima almeno un anno. Come a dire: la stagione estiva è andata, per la prossima ci sono buone possibilità di aprire al turismo le isole paradisiache, alle quali, ovviamente, bisognerà garantire la giusta tutela.

E a proposito di salvaguardia ambientale, un nostro lettore ci ha inviato alcune fotografie di barche all’ancora nelle isole “nordiche” dell’arcipelago, nonostante il regolamento lo vieti categoricamente, consentendo soltanto eventuali ormeggi ai gavitelli. Così si legge: “All’interno degli specchi acquei adibiti a “campi ormeggio”, ricadenti nelle zone Mb: non è consentito l’ancoraggio; per motivi di sicurezza, è consentito l’ormeggio di una sola unità per singolo gavitello.

L'immagine che un nostro lettore ci ha inviato mostra barche correttamente ormeggiate ai gavitelli e altre invece che hanno dato fondo all'ancora, contravvenedo ai divieti imposti dalla legge istitutiva dell'Ente Parco. Qui, nello specifico, siamo a Budelli

Ma quel che è peggio, sempre secondo la sua testimonianza, i gommoni preposti al controllo e alla tutela ambientale si limiterebbero esclusivamente alla riscossione del ticket, come se quelle imbarcazioni fossero autorizzate a dar fondo alle ancore. Se ciò fosse confermato, il danno ai fondali sarebbe ingente visto che le ancore e le catene, al momento di salpare, trascinerebbero via grosse quantità di posidonia.

Un'altra foto in cui si mostra l'atteggiamento degli armatori che ancorano anche dove è severamente proibito. Ovviamente ciò si ripercuote sull'ambiente, provocando danni al fondale tutelato da una legge appositamente emanata dal Ministero dell'Ambiente

 

Va anche detto, per esperienza diretta, che l’atteggiamento di alcuni diportisti nel tratto di mare prospiciente la Costa Smeralda durante il mese di agosto, è quanto mai poco “educato”. Onde enormi provocate dai grandi motoscafi, inquinamento acustico, velocità eccessive nei passaggi delle Bisce, dei Nibani e adiacenti. Forse, azzardiamo, con un po’ d’educazione nautica in più, anche le norme sarebbero state e potrebbero essere più fruibili.

1 COMMENT

  1. Già, l’educazione! Quando ho iniziato -metà del secolo scorso- in mare si incontravano quasi solo gentiluomini, che esercitassero la pesca, la vela o la motonautica erano accomunati da una certa etica e dal rispetto per il mare e per chi lo navigava per lavoro o per diletto.
    Oggi l’etica è quella “autostradale” del cafonauta allo stato brado, del tutto ignaro del prezioso mondo in cui imperversa.
    Poco servono divieti e ticket, solo a rendere meno gradite ai più corretti le località di maggior pregio.
    Per mia fortuna conservo il ricordo di quelle isole come erano negli anni ’60.

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