Marco Nannini è uno dei più promettenti e capaci velisti oceanici italiani. Ci è piaciuto molto nell’ultima Global Ocean Race, dove ha conquistato il secondo posto finale dimostrando ottime doti marinaresche, qualità tecniche e capacità di scelta in situazioni difficili. Il suo curriculum parla anche di Ostar, Route du Rhum e Round Britain and Ireland, regate mitiche e dure per impegno e condizioni. Il suo essere assai internazionale come cultura e mentalità (italiano di padre, slovacco di madre e professionalmente molto inglese), insieme alle sue capacità comunicative, lo ha poi fatto molto apprezzare dai siti velici di tutto il mondo. Una risorsa, quindi, per la vela italiana, a cui crediamo sia giusto dare l’opportuna visibilità. In questi giorni, Nannini è stato impegnato in diverse conferenze in città italiane, con notevole successo di pubblico.
A lui abbiamo chiesto, quindi, di prepararci un’analisi della grande regata che sta appassionando, a suon di record sulle 24 ore e duelli oceanici, tutti noi: il Vendee Globe. Marco Nannini ci spiega in questo primo articolo le insidie dei Quaranta Ruggenti e dell’Oceano Indiano, che i 13 skipper ancora in regata si apprestano ad attraversare.

Da gennaio, poi, Marco Nannini sarà uno dei nostri opinionisti su Farevelanet, con un blog dal titolo “Oceano e dintorni”.
Ecco la sua analisi della traversata alle basse latitudini dell’Oceano Indiano.
Le insidie dell’Oceano Indiano
Con il passaggio della porta obbligatoria di Aiguilles collocata alla latitudine di 42 gradi Sud in corrispondenza dell’estremita meridionale del continente africano, la flotta del Vendee Globe uscirà dall’Oceano Atlantico meridionale ed entrerà nell’Oceano Indiano, che è formalmente delimitato a sinistra dalla longitudine del Capo di Buona Speranza e a destra da quella del Capo Lleeuwin. Oltre tale meridiano inizia poi l’Oceano Pacifico, che si estende fino alla longitudine di Capo Horn.

Per capire la presenza delle porte obbligatorie lungo la rotta del Vendee Globe 2012 è utile relazionare la rotta alla temperatura dell’acqua e la conseguente probabilità di incontrare iceberg nella zona di navigazione. Dopo la porta di Aiguilles, infatti, troviamo la prima porta obbligatoria dell’Oceano Indiano, la porta di Crozet, dal nome delle omonime isole che è stata spostata a 39 gradi Sud, molto in alto rispetto alla rotta che i concorrenti seguirebbero se non fossero imposte limitazioni.
E’ proprio in corrispondenza della porta di Crozet che la linea che demarca la temperatura dei 4 gradi centigradi nel mese di dicembre raggiunge la latitudine più settentrionale, a circa 47 gradi Sud in corrispondenza della longitudine dei 50 gradi Est. Dopo questa longitudine, il rischio Iceberg diminuisce rapidamente con acque relativamente più calde a parità di latitudine in prossimità delle Isole Kerguelen, che infatti rimangono libere dal ghiaccio anche nei mesi invernali. Qui i concorrenti hanno libero spazio di seguire la strategia preferita, a patto che rimangano a nord dell’Isola di Heard, che si trova a 53 gradi Sud (a Sud-Est delle Kerguelen) ma sempre fuori dalla linea di temperatura di 4 gradi centigradi che è considerata critica per il rischio Iceberg. Le scelte del comitato regata sono basate non solo su questo dato, ma anche su accurate immagini satellitari che vengono appositamente realizzate e analizzate per il Vendee Globe. Dopo le Isole Kerguelen, la flotta viene chiamata a risalire leggermente verso nord rispettando la Porta Australiana Occidentale a 46 gradi Sud che ricopre due ruoli, sia di tenere i concorrenti al di sopra della zona di rischio Iceberg sia di riavvicinarli almeno un po’ alla terra ferma per facilitare eventuali operazioni di soccorso australiane.

L’ingresso nell’Oceano Indiano delimita, infatti, anche la fine della prossimità della flotta alle rotte commerciali che dal Capo di Buona Speranza non passano a Sud dell’Australia, ma fanno rotta per il mare di Timor a nord dell’Australia, dove la probabilità di violente burrasche che potrebbero causare danni alla navi e rallentarle è molto minore. In questi mari si possono incontrare solo alcuni pescherecci d’altura, ma anche questi sono rari.
La presenza delle Isole di Kerguelen fra la porta Crozet e la porta Australiana Occidentale è solo in apparenza un conforto per i concorrenti che si troveranno a dover decidere se passare a Nord o a Sud di questo isolatissimo arcipelago vulcanico, che sarebbe disabitato se non fosse per la presenza di 50-100 scienziati francesi. La terra emersa si trova infatti al centro dell’altipiano sommerso di Kerguelen, che si eleva dai profondi fondali oceanici e che in caso di forti tempeste può rendere il mare particolarmente agitato e pericoloso, specie a nord, come d’altronde in tutte le zone del mondo dove i fondali salgono all’improvviso, come nel temuto Golfo di Guascogna e in prossimità del leggendario Capo Horn.

Dal punto di vista meteorologico l’Oceano Indiano dovrebbe regalare una prevalenza di venti portanti ai concorrenti, ma uso volutamente il condizionale perché specie nella prima tratta tra la porta di Aiguilles e la porta Crozet la flotta naviga ben più a nord dei centri depressivi dell’Oceano del Sud e non è escluso un meteo più variegato, con probabili venti al traverso ma anche il rischio di venti contrari anche intensi. Questo renderebbe l’aver evitato le zone dove è piu’ alto il rischio di presenza di iceberg una magra consolazione su barche come gli Open 60, che non amano le andature di bolina e dove è alto il rischio di rotture e la velocità media è ridotta a metà rispetto alle andature portanti.
Tra la porta di Aiguilles e la porta Australiana “Ovest” una delle preoccupazioni aggiuntive per i concorrenti sarà lo stato del mare, non solo in prossimità dell’altipiano sommerso dell’arcipelago di Kerguelen ma per tutto l’Oceano Indiano e in particolare nelle prossimità della porta di Crozet, dove la presenza di correnti di superficie anche molto significative e irregolari può causare uno stato del mare molto più insidioso di quanto si incontrerebbe nell’Oceano Pacifico a parità di vento. Queste correnti irregolari sono causate dalla rotazione della corrente di Agulhas, che incrocia la corrente di superficie causate dalla prevalenza di venti da Ovest e appunto definita “West Wind Drift”.
Un ulteriore aspetto che contribuisce a rendere questo oceano particolarmente insidioso è la violenta rotazione dei venti in corrispondenza del passaggio dei fronti freddi associati a ogni depressione. Questo fenomeno di cui non conosco la spiegazione scientifica è veramente notevole, al passaggio di un fronte freddo nell’Oceano del Sud il vento passa da Nord Ovest a Sud Ovest (speculare rispetto all’emisfero nord dove il vento passa da Sud Ovest a Nord Ovest) con una rotazione violenta spesso superiore ai 90 gradi, ovvero il vento a volte passa senza soluzione di continuità da Nord Ovest a praticamente Sud, il mare in questi casi si trasforma in un vero inferno. La navigazione subito dopo il passaggio del fronte freddo, dove alla massa di aria instabile e rafficata è dunque associato un mare violento e incrociato, è il punto piu’ probabile in cui capitano disalberamenti e rotture significative visto che è senz’altro il punto di maggiore sollecitazione delle barche e dell’armo.

La presenza delle porte obbligatorie trasforma la strategia di regata, che viene distorta da queste alterazioni forzate della rotta ottimale, se da un lato riducono il rischio di incontrare iceberg dall’altro spezzettano il percorso di regata in piccole tratte limitando notevolmente le scelte dei concorrenti. Questo fattore solitamente favorisce le barche più veloci che dovranno preoccuparsi meno di potenziali attacchi di barche meno performanti che azzardino scelte strategiche più colorite e limitano in ogni caso il potenziale per sorpassi per tutta la flotta. Speriamo comunque che non sia solo l’alto rischio di rotture a regalare emozioni nell’Oceano Indiano.
L’esperienza dell’Oceano Indiano è pertanto spesso tutt’altro che piacevole e i concorrenti dovranno tenere gli occhi ben puntati sulla successiva fase della regata, la navigazione nell’Oceano Pacifico, che se da un lato potrebbe essere caratterizzata da mari che almeno in teoria sono meno confusi non è certo priva delle sue insidie. Solo dopo il passaggio di Capo Horn la flotta potrà iniziare a sentire il sollievo di essere sopravvisuti al peggio che l’Oceano del Sud ha da offrire. (Marco Nannini)
Nannini sta commentando l’evoluzione del Vendee Globe da questa interessante pagina Facebook:
http://www.facebook.com/VendeeGlobeItalianTeam