Long Beach, USA- Perché torniamo sulla vittoria del team di Simone Ferrarese alla Congressional Cup di match race, di cui abbiamo già detto sabato scorso? Semplice, e vogliamo scriverlo a chiare lettere, perché questo tecnicamente parlando è uno dei risultati più importanti colti dalla vela italiana negli ultimi anni. Una vittoria ad altissimo peso specifico. A indossare la giacca rossa del vincitore della Congressional Cup era già stato Francesco Bruni nel 2010. Questa volta, ed è solo la seconda volta che accade nei 49 anni di storia della competizione, a farcela è un ragazzo di 25 anni, figlio d’arte, che seriamente ha deciso di fare della vela la sua vita e del match race la sua disciplina (ma non solo). Simone Ferrarese si è messo umilmente nel circuito internazionale, dove ha mosso i primi passi imparando e migliorando. Alla Congressional Cup ha deciso di regatare insieme a due dei migliori velisti che l’Italia abbia mai avuto: Lorenzo Mazza, tailer e uomo squadra per eccellenza che in carriera vanta la vittoria in Coppa America con Alinghi più altre sei partecipazioni, e Sandro Montefusco, azzurro in 470 in due Olimpiadi e velista tecnicamente eccelso che tra l’altro è anche uno dei titolari della veleria dove proprio Sumone Ferrarese lavora. Con loro anche quell’altro ottimo professionista che è Pietro Mantovani, lo spagnolo Alex Muscat e l’olandese Ivan Peute.

Un esempio di come la vela italiana, al di là di imprese un po’ troppo mediatiche o alla “vincere facile”, quando si mette davvero in gioco, con gli uomini giusti e tanta profssionalità, è capace di cogliere risultati importantissimi. Per cui, un bravo a Simone Ferrarese e al suo team. Ed è per questo che al 25enne barese, che ha compiuto gli anni proprio a Long Beach, abbiamo chiesto di scrivere per Farevelanet il diario della vittoria alla Congressional Cup. Contro Ed Baird… che diamine, non uno qualunque uno che ha vinto la Coppa America… Ecco qui a seguire il suo racconto, che siamo davvero fieri di ospitare sulle nostre colonne.


In giacca rossa di ritorno da Long Beach
Ieri abbiamo vinto la Congressional Cup, evento di match race secondo per prestigio solo all’America’s Cup, e per ricordarmi che tutto è vero… ho dovuto portare con me il Blazer rosso nel bagaglio a mano… In realtà questo è il quarto anno di partecipazione a questo evento. Il primo anno, anche se felicissimo di aver avuto un invito (a una sola settimana dall’evento perché Ben Ainslie aveva avuto un problema), in quell’occasione feci un punto in due Round Robin e vinse per la prima volta un italiano, Francesco Bruni. Da quel giorno, spesso ho sognato di indossare quel Blazer rosso, di alzare la Congressional Cup e di poter condividere un momento così felice con il mio equipaggio. Mi sembrava difficile ma sapevo che un giorno l’avrei potuto fare perché lo volevo con tutto me stesso.
La nostra Congressional Cup quest’anno è iniziata a febbraio, quando nell’organizzazione dell’equipaggio ho pensato di unire al mio giovane team l’esperienza di velisti come Lorenzo (Mazza) e Sandro (Montefusco), che ci avrebbero aiutato enormemente in alcuni punti che ancora andavano migliorati… il risultato, sin dai primi giorni spesi in acqua insieme, è stato magnifico. Non solo in barca si stava benissimo, ma siamo riusciti a trovare un equilibrio che un timoniere giovane come me difficilmente avrebbe potuto trovare adesso, tutto coadiuvato dall’organizzazione in acqua e a terra del mio coach/padre Roberto (Ferrarese).

La scorsa stagione è stata il nostro esordio al world tour e anche se con alti e bassi è stata un’esperienza fondamentale per la nostra crescita e per capire su cosa lavorare per vincere contro team di così alto livello; siamo riusciti infatti a organizzare un percorso mirato all’obiettivo, allenamenti in acqua e a terra. Ho iniziato anche a lavorare con Valentina Torsello, Psicologa Sportiva, che mi ha aiutato a raggiungere la serenità sportiva e a superare alcuni dubbi che rallentavano la mia crescita.
Sabato 6 aprile. Io, Ivan Peute, Pietro Mantovani, Alex Muscat, Lorenzo Mazza e Sandro Montefusco siamo atterrati a Los Angeles. Ad aspettarci, come al solito a Long Beach, il comitato di accoglienza: 20 persone davvero felici di riaverci a casa per una settimana. Alla Congressional infatti si è ospiti delle famiglie dello Yacht Club. Ogni anno le stesse, e dopo tanti anni, ci si sente davvero a casa.
Lunedì 8 aprile purtroppo c’era troppo vento, la prova barche è stata cancellata, ma abbiamo comunque fatto un debriefing molto lungo per poter organizzare al meglio il lavoro a bordo.
I quattro giorni (9-12 aprile) destinati ai due round robin di qualifica per le semifinali sono passati velocemente, con un variare delle condizioni da 6 a 20 nodi; quello che ci ha reso molto felici è stato l’aver battuto, in tutte le condizioni, sia nei round di andata che di ritorno, Mathieu Richard, Adam Minoprio e Ed Baird, miei idoli e tra i più importanti velisti internazionali.
Con questa line-up, entrare in semifinale voleva dire aver già raggiunto un importante obiettivo, ma guai a pensarlo. La notte di transizione ho risognato la giacca rossa…
La mattina di sabato 13 aprile, durante la conferenza stampa, abbiamo saputo che in semifinale ci saremmo scontrati con Ian Williams, unico match racer che non avevo mai battuto in un singolo match. Pietro (Mantovani) inizialmente mi ha guardato piuttosto arreso. Contro Ian Williams infatti Pietro (Mantovani) ha perso un Mondiale in Malesia… (con Bruni come timoniere, Ndr) e non sembrava crederci tantissimo. In acqua però le cose sono cambiate e anche Pietro ha iniziato a crederci quando, alla prima regata, è stata solo una nostra caramella all’ultima poppa, a fargli recuperare 4 lunghezze di vantaggio e vincere per un secondo.

Ci aspettavano quindi due match tutti ‘must win’ contro l’inglese che sembrava imbattibile… la partenza successiva era solo per la sinistra e, grazie a una manovra a 40 secondi, issate di spi in prepartenza, e un lavoro del team eccezionale l’abbiamo presa, vincendo il match (anche se con una penalità da scontare) con 1 minuto e 30 di vantaggio. Ian Williams sembrava abbastanza sconvolto, ma ci ha meso poco a riprendersi, nel prepartenza decisivo mi ha controllato fortemente fino a 40 secondi, quando grazie ad una manovra sul pier ci siamo liberati, ed anche se con una partenza pari, la regata si è risolta nella prima bolina. Andavamo molto più veloci di loro e navigavamo sempre dalla parte giusta, grazie anche a Muski (Alex Muscat) che non ha sbagliato un bordo.
La finale per Pietro (Mantovani) era quella: battere Ian Williams in un Knock-out. La mia prima finale di un grado 1 era guadagnata e sarebbe stata contro la coppia Ed Baird / Terry Hutchinson e il loro Team Quantum. Il comitato ci ha comunicato che la finale della Congressional Cup quest’anno, sarebbe stata secca, tanto per allentare un po’ la tensione.
La lotta è stata fin da subito per la sinistra, che era fortissima. L’abbiamo presa di nuovo a 30 secondi, siamo andati veloci e, al primo incrocio a metà bolina, eravamo bene avanti. Di poppa siamo andati ancora veloci e abbiamo guadagnato ancora qualche lunghezza. A metà dell’ultima bolina, anche se Lorenzo (Mazza) non voleva sbilanciarsi, Sandro (Montefusco), quando gli ho chiesto come eravamo messi, mi ha detto testuali parole: “Siamo in crociera Simooo! Volevi forse una finale più facile?!” Bhè se non altro Sandro ha allentato un po’ la tensione che si ha fino all’arrivo di una finale così importante, e secca. Abbiamo battuto Ed Baird, timoniere di Alinghi e vincitore, tra molte altre cose, dell’America’s Cup. L’abbiamo battuto per ben più di un minuto. Dopo è stato tutto un casino… siamo andati sotto il Pier (il molo dove sono tutti gli spettatori), tanta gente è salita in barca tra cui anche le nostre famiglie di Long Beach, alcuni di loro piangevano. E’ stato un momento così felice, che non credevo fosse vero.

Tutto è stato possibile soprattutto perchè, anche in un momento difficile come questo, ci sono sponsor che non hanno smesso di credere nei nostri valori: il circolo Vela Bari e Marina di Loano, e chi come Max Procopio, Giordana Pipornetti e Pierpaolo Lanfrancotti fanno attivamente parte del team, aiutandoci in tutte le nostre pubbliche relazioni. Senza di loro, beh… sarebbe stato difficile.
La premiazione è stata stupenda, anche se ricordo a stento. Condividere un momento così felice con i propri compagni d’equipaggio, che insieme a me avevano voluto e desiderato quel momento è stato semplicemente incredibile. Non pensavo si potesse essere così felici. Avrei solo voluto poter condividere quel momento anche con la mia famiglia, quella vera, mia madre (Ines Montefusco) e mio padre (Roberto Ferrarese); sapevo però che loro, anche se a 10.000 km di distanza, mi guardavano svegli, ancora un po’ increduli come me. Anche loro fanno parte del mio team e hanno vinto con me. Lo hanno sempre voluto, me lo hanno sempre trasmesso, e se sono riuscito a farlo è stato fondamentalmente per loro. (Simone Ferrarese)
Ancora una volta, complimenti davvero.
RT @farevelanet: Simone Ferrarese ci racconta la sua storica vittoria alla Congressional Cup http://t.co/CbSKz1tENn