San Francisco, USA- Il sin troppo sbrigativo The show must go on espresso lo scorso 14 maggio da Tom Ehman durante la conferenza stampa degli organizzatori dell’America’s Cup avrà una prova del fuoco oggi. La presenza a San Francisco del patròn di Luna Rossa Patrizio Bertelli è segno che le misure chieste dai team per confermare la loro partecipazione alla Louis Vuitton Cup dovranno essere efficaci e garantite. Già… ma cosa dirà Bertelli a Tom Ehman, le cui dichiarazioni ufficiali (La Stampa di ieri) suonano a Patrizio furioso?
Patrizio Bertelli incontrarà i media locali alle 14:30 ora di San Francisco, le 23:30 in Italia, e in nottata sarà disponibile la registrazione dell’incontro.

Cerchiamo di ricostruire la situazione della Coppa dopo il tragico incidente annunciato ad Artemis, che è costata la vita, e in modo atroce, ad Andrew Simpson. La Commissione formata dagli organizzatori, che dovrebbe essere indipendente, di fatto non lo è visto che al suo interno figurano due componenti (Iain Murray e John Craig che, seppur ottimi professionisti, sono anche dipendenti diretti dell’organizzazione ACEA/ACRM). E in più, quali possono essere le garanzie per dei team che di fatto hanno costruito dei mezzi a vela come gli AC72 che, per loro stessa natura, hanno dimostrato come una scuffia abbia conseguenze catastrofiche? Già da qualche settimana, secondo quanto risulta a Farevelanet, girava un rumor che voleva che il defender Oracle fosse comunque intenzionato a mettere dei limiti di vento per la disputa dell’America’s Cup. A parte il fatto che ciò contraddirebbe l’affermazione-marketing che gli AC72 si sarebbero potuti davigare da 3 a 30 nodi, sembra evidente che tale mossa finirebbe per danneggiare i migliori degli sfidanti, nell’ordine Emirates Team New Zealand e Luna Rossa, che proprio con il foiling in 20 nodi di vento hanno dato buone prove la scorsa etate australe ad Auckland.
La limitazione del foiling sarebbe assurda, visto che tali barche sono più sicure proprio in quanto riescono a uscire dall’acqua in modo continuo e stabile. Lo stesso Loick Peyron, uno degli uomini chiave di Artemis, ha twittato questa mattina che limitare il foiling “sarebbe renderli ancora più pericolosi”. Per cui, alla voce garanzie restano le misure di sicurezza… limitare al massimo le manovre di puggiata, gommoni con sub e medici pronti all’intervento, allargare il campo di regata, che al momento impegnerebbe i team in manovre obbligate ogni 60-90″?
Nella storia della vela non c’è nessuna classe che ha l’autodistruzione compresa all’interno del suo regolamento di stazza. Non vi è alcuna classe che non può essere raddrizzata dopo una scuffia, a parte forse i vecchi Orma 60, comunque più solidi e dotati di vie di sicurezza per l’equipaggio anche in caso di ribaltamento. Gli AC72, lo si ripete ormai da mesi, sono barche troppo estreme. In fin di analisi sbagliate. Affascinanti e velocissime, certo, ma anche talmente limitate nella loro conduzione e gestione che ogni variabile imprevista rischia di compromettere l’equilibrio dinamico che le sostiene. Vedere Artemis vagare nella baia, con un movimento continuamente ondulatorio come se fosse investita da scosse di terremoto, era davvero preoccupante. ETNZL, Luna Rossa e la seconda Oracle sono assai più stabili e, quando vanno in foiling, sembrano lame di coltello che fendono l’acqua. Nessuno, però, ha mai provato gli AC72 in una vera regata, dove gli equipaggi per definizione sono costretti e vogliono tirare al massimo per vincere quel massimo trofeo sportivo che è la Coppa America.
Non spettava a loro scrivere delle regole di stazza sicure, il loro compito è di cercare di navigare al meglio possibile secondo tali regole. Spetta a chi quelle regole ha scritto, ovvero il defender Oracle Team USA e la sua emanazione ACEA/ACRM, garantire la sicurezza di barche e uomini. Si è voluto far diventare la vela uno sport estremo senza dotarla delle necessarie uscite di sicurezza, ha già detto Patrizio Bertelli. Non si va a fare una Volvo Ocean Race senza procedure d’emergenza e infatti nelle ultime due edizioni non si è avuta nessuna vittima pur affrontando le più dure condizioni ambientali immaginabili. “Bisogna sapere quando è il momento di tirare il freno”, ci dicevano Torben Grael e Iker Martinez, e infatti si è arrivati a farlo in alcune occasioni, ma perché le barche lo consentivano. Negli AC72 no, non è possibile. La barca arriva a dominare gli uomini oltre certe condizioni proprio perché barca non è… Insomma, non si mettono i terzaroli all’ala.

La sicurezza della navigazione, il fatto di riportare una barca integra in un porto, è essenza stessa della navigazione. In Coppa America si è sempre percorso la rotta del limite, AUS32 affondò spezzandosi davanti a San Diego, alberi si sono rotti, collisioni sono avvenute e si è sempre tirato al massimo. Ma mai e poi mai è stata ideata una barca che fosse così estrema da non avere margini in caso di scuffia. Luna Rossa ha un solo scafo ed è evidente come la preoccupazione del team italiano sia basata sulla sicurezza degli uomini imbarcati e sulla salvaguardia del mezzo. Questa America’s Cup è andata troppo oltre. Sin’ora lo spettacolo era garantito dalla sfida tecnologica e dal duello ravvicinato uno contro uno, con i migliori velisti del Pianeta. Ora si è scelto di puntare sul circo delle scuffie, e i molti video “capsize” ancora presenti su YouTube ne sono una prova. Sono proprio quelli i video più cliccati, visto che la “gente” alla fine con la pancia ragiona. La vela non è così. Si può anche navigare a 25-30 nodi, e sono molte le classi a farlo, ma si è sempre in controllo dell’imbarcazione. Gli AC45 vanno benissimo, i cat danno spettacolo, ma pare ormai evidente come gli AC72 siano barche profondamente sbagliate, fondamentalmente proprio perchè non hanno nessun margine di gestione. O vanno dritti a 35/40 nodi in poppa e 25 in bolina o, se si rovesciano, sono persi con alto rischio di vita per gli uomini a bordo.
Nessuno li ha mai provati in una vera regata, e anche questo è indizio di scarsa lungimiranza. Un conto è puggiare con 20 nodi d’aria nel momento migliore per farlo, quando l’equipaggio è preparato e ogni variabile è la migliore possibile. Altro è doverlo fare quando la boa di bolina è arrivata, magari con un’onda sbagliata e con una raffica improvvisa e il limite del campo di regata/costa sottovento a poca distanza, come sarà a San Francisco tra il Golden Gate, Alcatraz e il Waterfront. Una barca, che il nostro opinionista Luca Devoti aveva opportunamente definito “territorio sconosciuto” già un anno fa e che ora, con le regate davvero alle porte, dimostra quanto questa Coppa voluta dal defender dopo aver vinto la precedente fondamentalmente con un’azione legale (si ricordi che Oracle detiene la Coppa senza aver mai vinto la Louis Vuitton Cup, ovvero la selezione degli sfidanti) sia profondamente un errore di valutazione che rischia di costare molto caro a chi ha scelto di competere. Un bel pasticcio insomma. Di questo, e di molto altro, Patrizio Bertelli sta discutendo in queste ore a San Francisco.
Torneremo con aggiornamenti non appena disponibili.
Le misure di sicurezza anche in Oracle
Oggi si è saputo che Oracle Team USA ha deciso di applicare film trasparente all’ala al posto di quello nero. Ciò per consentire una migliore visibilità in caso di scuffia sia ai velisti eventualmente finiti sott’acqua sia ai soccorritori.