Fa caldo, l’America’s Cup promessa da Oracle Team Usa e Russell Coutts langue dopo il ritiro di Team Australia. Non si conosce la sede finale nè il destino che farà il Protocollo, mentre la data finale per le iscrizioni, l’8 agosto, si avvicina e siamo al momento a quattro team, compreso il defender. Abbiamo provato a immaginare una giornata tipo di Sir Ben Ainslie, alla ricerca del budget definitivo per farcela, visto che al momento Ben Ainslie Racing, la reale sfida britannica che rappresenta però qualsiasi team commerciale, dichiara di avere il 40 per cento del budget. Intendiamoci, si fa per ridere sotto a un tendalino…

Interno giorno. Da qualche parte nella City di Londra. Ufficio del Chief Executive Officer di una grande multinazionale. Da una parte del tavolo lui, il CEO in persona. Dall’altra Sir Ben Ainslie, il più titolato velista della storia olimpica, alla ricerca del budget necessario per disputare la 35esima edizione dell’America’s Cup con un team tutto inglese.
“Bene, Sir Ainslie, quindi mi diceva di questa America’s…?”
“Cup, signore, certo, il nostro team ha l’intenzione di riportare la Coppa America a casa, in Inghilterra, dopo oltre centosessant’anni. La vogliamo vincere per riportarla dove è nata, all’Isola di Wight”.
“E per farlo cosa le serve?”
“Ottanta milioni di Sterline, ma ne abbiamo già trentadue, abbiamo già una base a Portsmouth e un team operativo. E, poi, la famiglia reale ci appoggia in modo diretto grazie alla duchessa di Cambridge”.
“Ah, ottimo, quindi lei ha l’appoggio della famiglia reale per formare un team tutto britannico per, mi faccia capire bene, vincere cosa?”
“La Coppa America, signore, il massimo trofeo velico e il più antico Trofeo sportivo al mondo. Possederla dà il diritto a rimetterla poi in palio, dove, quando e come si voglia, nel rispetto di un sistema di regole nato alla fine del XIX Secolo e chiamato Deed of Gift. Sa, agli yankee le donazioni e i trust piacciono molto…”.

“E cosa avrebbe in cambio la nostra compagnia?”
“Una visibilità planetaria, garantita dalle più spettacolari macchine da vela mai viste, catamarani volanti con ali rigide capaci di navigare a 45 nodi, una velocità pazzesca se pensata sull’acqua, con i migliori velisti al mondo. Nel nostro team c’è il meglio della vela olimpica e della tecnologia inglese. Le regate sono riprese con un impegno televisivo mai visto prima, il tutto garantito dal budget di Larry Ellison che attualmente detiene la Coppa con Oracle Team USA”.
“Ah, sì, ne ho sentito parlare, il vecchio Larry, la voleva proprio quella Coppa. Poi ho sentito dire che a San Francisco l’aveva quasi persa dai neozelandesi…”.
“Sì, ma poi l’ha vinta, grazie anche a me che sono salito a bordo. Pensi, abbiamo rimontato da 1-8 a 9-8 e ora la difesa tocca ancora a loro”.
“Bene, caro Ainslie, la ascolto, mi convinca”.
“La sua compagnia avrebbe uno spazio di grande visibilità sulla nuova imbarcazione, che sarà un catamarano sempre volante di 62 piedi. E poi avrebbe il diritto di strutturare un programma corporate con i vostri clienti nel mondo”.
“E dove si svolgerà la prossima edizione?”
“Ehm… ancora non sappiamo con certezza. La fase finale sarà nel 2017 e sono rimaste in gioco San Diego e le Bermuda. Però prima ci saranno due anni di AC World Series, disputate con catamarani un po’ più piccoli, chiamati AC45”.
“Ah, e quelle dove si svolgeranno?”
“Purtroppo ancora non lo sappiamo, ma i detentori della Coppa dicono che lo sapremo presto”.
“Beh, caro Sir Ainslie, mi pare che qui abbiamo un problema, non le pare? Almeno mi dica quali team sono iscritti”
“A parte il detentore Oracle, c’è Artemis Racing, un team finanziato dallo svedese Torbjorn Tonqvist di cui fa parte anche il nostro Iain Percy, ne avrà sentito parlare per gli ori a Sydney e Pechino”.
“Sì, vagamente. Ma pensa quella vecchia volpe di Torbjorn, sapevo che si occupava di commercializzare petrolio e gas russi, e poi?”
“C’è un team italiano, Luna Rossa di Patrizio Bertelli, che con il marchio Prada partecipa per la quinta volta. Sono molto trendy e hanno fatto una buona campagna acquisti”.
“Prada, certo, mia moglie ne va matta. E chi altri?”
“Ci sarebbero i neozelandesi di Emirates Team New Zealand. Ho lavorato con loro durante la campagna per la Coppa numero 32. Io ero nettamente il migliore al timone, ma forse ero troppo bravo e mi preferirono Dean Barker, quel timoniere che sarà ricordato per aver perso l’ultima Coppa che conduceva per 8-1, come le dicevo. Dovrebbero esserci, anche se sono, pare, un po’ a corto di budget”.
“E poi?”
“Gli australiani. Hanno scritto le regole della nuova Coppa con Oracle come primi sfidanti, ma si sono appena ritirati…”
“Come? Mi sta dicendo che il primo degli sfidanti si è ritirato??”.
“Ehm… Hanno detto che alla fine la Coppa costa più di quanto avevano prefissato”.
“Ma non mi ha appena detto che hanno scritto loro le regole del, come ha detto che si chiama?”
“Il Protocollo, signore, sì, ci hanno messo otto mesi e sembrava che avessero trovato un compromesso valido con Oracle”.
“Lei crede di essere in grado di vincere?”
“In teoria sì, abbiamo i migliori velisti al mondo e un’ottima tecnologia. Io stesso ho partecipato allo sviluppo tecnico di Oracle US 17 che permise la rimonta”.
“Avevo sempre sentito dire che la Coppa è difficilissima da vincere perché chi ce l’ha cerca di darsi il maggior numero di vantaggi, ma questo Protocollo è equo, almeno?”
“Più o meno…”
“Cosa intende? Le regole della costruzione saranno uguali per tutti, immagino”.
“Sì, ma Oracle può costruire due barche, noi sfidanti una sola”.
“Ah, quindi visto che a me piace il calcio, sarebbe come se il Chelsea giocasse con quindici giocatori e l’Arsenal con undici?”
“Non proprio, perché ne possono usare solo una per volta, ma vede, dopo il ritiro di Team Australia quel Protocollo potrebbe anche essere rivisto dal nuovo challenger of record, che dovrebbe essere uno tra Luna Rossa e Artemis. E, sa, gli italiani non sono proprio amici di Oracle”.
“Mi faccia capire bene. Uno dei partecipanti può sviluppare due barche, ma almeno avrà l’impossibilità di regatare con gli altri per valutarne il grado di sviluppo?”.
“Non proprio, nella prima parte della Coppa, nel 2017, regaterà anche lui contro di noi”.
“Ma non è un controsenso sportivo”.
“Questa è la Coppa, signore, non si sono mai fatti prigionieri. Il punto è arrivare a poterla disputare, vincerla e poi dettare le regole. Ed è la ragione per cui sono qui”.
Ainslie appare soddisfatto per questa sua ultima frase a effetto e la pausa per il tè pare sopraggiungere in suo aiuto.
Nel frattempo dall’altra parte del mondo Grant Dalton e Matteo De Nora stanno facendo anticamera dal Primo Ministro della Nuova Zelanda. La richiesta è simile. Trovare il budget per disputare ancora l’America’s Cup. A Cagliari, intanto, Francesco Bruni sfreccia su un Moth al Poetto, ripetendo mentalmente queste parole: “Sono io il miglior timoniere italiano e finalmente avrò il timone di un classe Coppa America. Sono io il miglior timoniere italiano e finalmente avrò il timone di un classe Coppa America”.

Di nuovo a Londra. Il CEO della multinazionale della City seduto di fronte al quadricampione olimpico sorseggia il suo tè. Ainslie si sente sempre più stretto nel doppiopetto mentre attende l’attacco del suo ospite.
“Caro Ainslie, quindi lei mi sta dicendo che la mia compagnia dovrebbe darle qualche decina di milioni di Sterline per disputare un evento che non si sa dove si svolgerà, le cui regole sono incerte, con massimo quattro team e che potrebbe risultare quasi impossibile da vincere?”.
“Se pensassi questo non sarei qui, signore, ma non posso negare di essere un attimino confuso anch’io”.
“E mi dica, ricordo che la Coppa qualche anno fa era finita in Svizzera, che ne è stato di Ernesto Bertarelli?”.
“Beh, più o meno è sulla riva del fiume in attesa che passi il cadavere di Russell Coutts, il suo nemico, se mi passa la metafora. La Coppa di Valencia 2007, organizzata da Alinghi, fu molto bella e coinvolgente. Pensi che Luna Rossa battè Oracle nella semifinale di Louis Vuitton Cup per 5 a 1 e che poi Alinghi superò noi di Team New Zealand per 5 a 2 in una finale equilibratissima di fronte a migliaia di spettatori. Mi creda, la Coppa è un grande evento e vincerla è un’impresa di altissimo valore sportivo, tecnologico e imprenditoriale. Le garantisco…”
“Mi sta forse dicendo che Oracle detiene la Coppa America senza aver mai vinto prima la selezione degli sfidanti???”
“Beh, sì. Ci fu una causa legale su un gerundio e Larry Ellison pagò legioni di avvocati per poi sfidare Bertarelli nel 2010 con un trimaranone da 110 piedi. Alinghi rispose con un catamarano enorme ma a decidere fu un’ala rigida. Oracle la fece, Alinghi no”.
“Non le pare un po’ assurdo quanto mi sta raccontando?”
“Anche a me, signore, lo riconosco. Ma questa è l’America’s Cup”.
“Senta Sir Ainslie, vorrei darle una mano ma, mi creda, le ci vuole anche a lei uno di quei signori che prima mi rammentava, uno alla Ellison per capirci”.
“Quello già ce l’ha Russell Coutts e le assicuro che non lo molla, signore”.
“La capisco ma, mi perdoni, a questo punto devo salutarla, c’è qualcos’altro che posso fare per lei?”
“Grazie del suo tempo, signore, le farò sapere e la saluto”.
“Anch’io a lei”.
Sir Ben Ainslie stringe la mano al CEO, esce dall’ufficio della City e prende l’ascensore. Il portiere dello stabile, da noi contattato, assicura che uno strano ghigno era dipinto sul volto del corpulento baronetto, gloria olimpica del Regno Unito, mentre attraversava un po’ ingobbito l’androne. Chi lo conosce bene assicura anche che Ben avrebbe preferito malmenare un fotografo o azzannare alla gola un finnista in una Medal Race olimpica piuttosto che tornare in quell’ufficio. Mentre usciva in strada, infine, c’è chi giura di averlo sentito pronunciare sottovoce la parola “Shit”.
Molto divertente!
Peccato che è tutto vero…
Bellissimo.Bravo come sempre Michele.
Bellissimo!!!!!! complimenti.